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CHI SONO

foto Margo Jaipur

Margherita Bassani

nata e cresciuta a Milano, diplomata all’Istituto Europeo di Design (IED) come architetto d’interni. Inizio a lavorare nell’ambito dell’arredamento, prima nel negozio di famiglia e poi nel 1985 con la mia insegna Archi in zona Ticinese.
 
Qui, essendo sempre stata un’amante del bello e del nuovo, affiancavo grandi marchi del design italiano a piccole aziende artigianali emergenti. Col tempo iniziai a inserire anche articoli etnici, pezzi unici coloniali e non, che andavo a scovare durante i miei viaggi di ricerca fra Bali, India e Marocco.
 
I miei clienti lavoravano nella moda, nel design, nella fotografia: ben presto Archi diventò un punto di riferimento obbligato per chi voleva progettare e  arredare la propria casa nella Milano degli anni ’80 e ’90.

 
Però avevo anche altri progetti…

INDIA

“Chi ama l’India lo sa: non si capisce esattamente perché la si ama. È sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso  maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato. In India si pensano altri pensieri”. (Tiziano Terzani)

Condivido in pieno questa bella descrizione di Terzani. Già, perché anch’io ho subìto lo stesso indecifrabile fascino visitando e vivendo quel magnifico Paese. È capitato nel 1997, anno della mia prima visita in India. Sono partita alla ricerca di me stessa: un viaggio interiore iniziato in una Comune del Maharashtra, attraverso tecniche di meditazione e consapevolezza, dopo il quale nulla fu più come prima. Furono i sei mesi più intensi della mia vita, dove piantai anche i semi per la nascita di Margo.

 

Mi ritrovai così, quasi per gioco, ad acquistare alcuni preziosi tessuti con i quali confezionare i primi capi d’abbigliamento. Già, ma come? Per fortuna mi imbattei in un bravissimo sarto che realizzò i primi modelli da me disegnati: lunghe gonne in organza, chemisier in seta, kimoni e pantaloni.
Risultato: rientrai a Milano con una valigia stracolma di pezzi unici e nel giro di una settimana li vendetti tutti alle amiche, entusiaste e stupite al tempo stesso di quella preziosa merce esotica. Quello fu solo l’inizio di tanti altri viaggi e altrettante valigie che al rientro si svuotavano in un attimo: il primo fortunato segno del mio futuro come stilista e imprenditrice.

vita nel villaggio
puskar baba

A quel punto, l’India mi aveva già conquistata: lì infatti, 5-6 mesi di fila ogni volta per diversi anni, potevo meditare in tutta tranquillità, assaporando la magia e il misticismo che si respiravano nell’aria. Oggi lo posso dire: è un Paese che ho esplorato in lungo e in largo, da Nord a Sud, da Est ad Ovest, viaggiando quasi sempre da sola, dormendo dove capitava - dalla capanna nella giungla all’ex residenza di Marajà a 5 stelle - tutto questo utilizzando ogni mezzo di trasporto possibile: treno, aereo, autobus, scooter, risciò, auto privata con autista. Ovunque mi girassi, non potevo fare a meno di ammirare e invidiare la bellezza delle donne locali, avvolte nei loro coloratissimi sari: da lì l’irrefrenabile tentazione di proporre quelle tinte, quelle stampe e quei tessuti anche in Italia.

Detto fatto! Mi misi a girovagare per i mercati di Delhi, Jaipur e Bangalore a caccia di idee, scovando decine di tessuti in seta e cotone nei colori più insoliti e strabilianti: garze trasparenti, organze di sete preziose in mille gradazioni di colore. Ricerche a volte estenuanti e faticose che a un certo punto mi hanno portata a scoprire l’esistenza del Khadi, il tessuto tradizionale pregiato e venerato da tutti gli indiani. Per questo motivo nel 2000 mi trasferii per tre mesi nello stato rurale Tamil Nadu, nell’India del sud: una zona particolarmente rinomata per i tessuti a telaio, stabilendomi quindi in un piccolo villaggio per imparare e seguire da vicino tutta la lavorazione sui telai.

Il mio “laboratorio” era sul terrazzo di una casa, circondato da palme, banani e scimmie che ogni tanto piombavano tra noi, scompigliando lavoro e lavoranti. Una situazione idilliaca e decisamente naturale dove prese forma la mia prima vera produzione: la più poetica e preziosa, nata all’ombra delle palme col solo rumore dei telai, gli uccellini che cantavano, i bambini che giocavano lì attorno. Ne venne fuori una collezione unisex, minimalista e quasi zen, a base di camicie e tuniche, calzoni da pescatore tailandese e kurte (le tipiche tuniche indiane con collo alla coreana).


I miei primi mille capi arrivarono da Madras fino a Genova via mare, stipati in un container: un bell’azzardo considerato che non avevo ancora la più pallida idea di come e a chi avrei venduto tutta quella merce!

Per fortuna trovai subito privati e negozianti che si innamorarono dei miei capi, e riuscii così nel giro di un paio di mesi a vendere tutto quello che avevo prodotto. Così confortata, tornai di nuovo in India stabilendomi a Jaipur, la “Città Rosa” del Rajasthan. Iniziai a produrre tessuti con i miei disegni, utilizzando la tecnica tradizionale del block printing: timbri di legno intagliati con figure di fiori, foglie, animali o disegni geometrici, con i quali gli artigiani stampano manualmente il tessuto dopo vari passaggi di colore.

puskar lake
margo palladium
LO STILE MARGO

Un capo firmato Margo si ispira a un particolare modo di essere: la libertà di non seguire le mode ma piuttosto di creare il proprio stile.

Colori e stampe creano un mix di tradizione e innovazione in grado di svelare le diverse anime di chi li indossa: dal minimale (purezza di linee, tessuti di pregio, tinte unite naturali) al romantico-folk (gonne e abiti lunghi estivi, colori accesi, stampe a righe o a fiori); dall’Etno-chic (kimono dai tessuti tradizionali, Pantapalazzo, preziosi scialli con ricami a mano) al City Wear (tailleur in tinta unita, pantaloni e camicia dal taglio maschile).
Il tutto all’insegna di tessuti rigorosamente naturali in seta, cotone e lana.


Oggi potete trovare la linea Margo in diversi punti vendita in tutta Italia: negozi sempre attenti alla ricercatezza del prodotto e alla sua durata, all’unicità di stampe e tessuti, all’artigianato sostenibile che c’è dietro.

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